La metropolitana di Tokyo conta 285 stazioni, suddivise tra le 180 gestite da Tokyo Metro e le 106 sotto la responsabilità della Toei Subway. Ogni stazione è una piccola galassia urbana, un grumo compatto di corridoi e scale mobili e percorsi obbligati che si ramificano appena sotto il livello stradale, con una media di più uscite per ciascuna. Alcune, come Shinjuku o Tokyo, ne hanno così tante — diciassette, ventidue, anche trentasei — che uscire diventa un’impresa. Sommando tutte le uscite, si arriva a diverse migliaia.

Il flusso quotidiano complessivo della rete supera i 9 milioni di passeggeri: circa 6,5 milioni si distribuiscono lungo le linee Tokyo Metro, mentre poco meno di 2,5 milioni si spostano utilizzando la rete Toei.

La stazione di Ebisu, nel quartiere di Shibuya, è servita dalla linea Hibiya di Tokyo Metro e da tre linee della JR East: Yamanote, Saikyō e Shōnan-Shinjuku. L’accesso avviene attraverso due ingressi principali, est e ovest, che si aprono a pochi metri da una delle rare birrerie in stile occidentale rimaste fedeli alla vecchia insegna della Yebisu, e una serie più ramificata di ingressi secondari, alcuni poco più che botole rettangolari con una scala metallica e un piccolo cartello bianco. Secondo una proiezione basata sui livelli di ripresa post-pandemia, nel 2023 la stazione ha registrato un traffico giornaliero medio di circa 139.000 passeggeri sulla rete JR e circa 111.000 sulla linea Hibiya.

Proprio uscendo dalla West-Exit della Ebisu Station si staglia, di fronte al kōban — il piccolo presidio della polizia di quartiere che osserva tutto con un’aria discreta e per nulla invadente – White. Un blocco bianco progettato nel 2020 dal direttore creativo Kashiwa Sato, figura di rilievo in Giappone per svariati importanti lavori.

White è uno dei 17 bagni pubblici realizzati nell’ambito del progetto The Tokyo Toilet all’interno del quartiere di Shibuya dove Hirayama, protagonista del film di Wim Wenders Perfect Days, segue una routine silenziosa e contemplativa lavorando come addetto alle pulizie.

La pioggia, quel giorno, era leggera leggera: in pochi avevamo l’ombrello, per lo più turisti come noi. Io ero intento a fotografare White, accettando di buon grado di bagnarmi un po’ pur di aspettare il momento in cui il bagno non fosse attraversato da troppe persone.

Sono le 14.30 circa, in un giorno di metà marzo. Nessun messaggio, nessun appuntamento. Solo una serie di casualità: lui che non sapeva dove fossimo, noi che avevamo cambiato programma all’ultimo, decidendo di andare a fare un giro senza meta precisa a Ebisu.

Poi lo sguardo di Laura incrocia un volto già visto — solo una volta, la settimana prima. Mi fa un cenno rapido. Io mi volto, lo vedo, esclamo “Matteo, Matteo” con un tono decisamente più alto del brusio, praticamente inesistente, di tutte le persone che in quel momento scivolano fuori dalla stazione.

Ci fermiamo di colpo. Ci abbracciamo, increduli.