La domanda può sembrare abbastanza banale o retorica, ma non lo è credetemi.
Ho veramente questo dubbio: è una testata registrata o un blog?
La risposta si dovrebbe trovare proprio sul l’Huffington Post Italia, ma io non sono stato capace di trovare risposta. E voi?
Oggi è il 2 ottobre, sono le 12.10 circa e ho appena fatto un giro nella pagina “chi siamo” e nei “termini e condizioni“. Nella prima viene pubblicata “la gerenza”. Nessuna voce però riporta la dicitura “direttore responsabile” e non viene indicato nessun numero di registrazione al tribunale. Di contro non viene neanche indicata la solita “formuletta” che si usa nei blog e che recita più o meno così: questo blog non è una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità, etc.
Nella pagina “termini e condizioni” leggo che:
“[…]L’utilizzo di questo sito internet e l’invio di contenuti per la pubblicazione su The Huffington Post sono regolati dai presenti Termini e Condizioni, che sono stipulati tra Lei e HUFFINGTONPOST ITALY S.R.L., con sede legale in via Nervesa, 21 – 20139 Milano, iscritta al Registro delle Imprese di Milano con il numero 07942470969, IVA e C.F. n. 07942470969 (di seguito “Huffington Post”)[…]”
Quindi sappiamo che HUFFINGTONPOST ITALY S.R.L è iscritta al registro delle Imprese di Milano, ma non vi è accenno all’iscrizione al Tribunale, come per qualunque testata giornalistica.
Allora, riprongo la domanda: che cos’è l’Huffington Post Italia? Magari la risposta è veramente banale e mi è sfuggita. Forse hanno dimenticato ad indicarlo, forse c’è proprio scritto e io non l’ho notato?
Avevo provato a chiederlo direttamente a loro via Twitter, sia domenica 30 settembre, che lunedì 1 ottobre, ma non ho ricevuto risposta.
Ripeto, è una semplice domanda a cui però non ho ancora avuto risposta.
Come si dice? La pazienza è la virtù dei forti.
* * *
Aggiornamento. Hanno risposto al mio tweet delle 12.28 dicendo:
e come potete vedere sotto, la mia risposta: non hanno ancora risposto.
Leggetevi l’articolo che linkano e ditemi se hanno risposto o meno: per me no.
* * *
ORE 13.33
Risponde il caporedattore con sarcasmo (perché ad una domanda semplice bisogna rispondere con sarcasmo?) e senza indicare sul sito dove trovare l’informazione richiesta:
Link: https://twitter.com/marcopasquatw/status/253095277391659008
Comunque sia: intanto è arrivata una risposta, magari a breve aggiornano pure il sito indicando il numero di registrazione come fanno tutte le testate italiane, o (sempre come fanno tutte le testate italiane) la dicitura “in attesa di registrazione”.
***
22 novembre 2012: ancora nessun aggiornamento, come dire “take it easy”
***
21 dicembre: i Maya dovrebbero far finire il mondo, ma ancora nessuna dicitura appare sul sito.
Quindi tre ipotesi:
1) Non hanno indicato di essere testata registrata perché tanto oggi finiva il mondo
2) Non hanno indicato di essere testata registrata perché non hanno avuto tempo: ci vuole tempo, lo capisco, a scrivere Testata Registrata presso il Tribunale di XXXX n/xyz anno 2012
3) Take it easy
Riporto screeshoot del 21 dicembre 2012
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12 Commenti
I commenti sono chiusi.
[…] […]
“il popolo di Twitter che investiga”
quindi tu che fai domande twittando non sei più un giornalista, ma un twittarolo.
interessante dinamica
Ad oggi 10 ottobre ore 17.21, la dicitura sulla registrazione ancora non l’hanno messa. E’ una piccolissima cosa molto rilevante.
Forse la testata rientra in quelle previste dall’art. 3 bis Decreto Legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito con modificazioni dalla Legge 16 luglio 2012, n. 103 (G.U. 20/07/2012, n. 168). “Art. 3 bis. Semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni . 1. Le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, i cui editori non abbiano fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100.000 euro, non sono soggette agli obblighi stabiliti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, dall’articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, e dall’articolo 16 della legge 7 marzo 2001, n. 62, e ad esse non si applicano le disposizioni di cui alla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008, e successive modificazioni. 2. Ai fini del comma 1 per ricavi annui da attività editoriale si intendono i ricavi derivanti da abbonamenti e vendita in qualsiasi forma, ivi compresa l’offerta di singoli contenuti a pagamento, da pubblicità e sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati”.
Marco, certo: “potrebbe” rientrare in quel che scrivi tu. Non pensi però che dovrebbero indicarlo? Il problema è, a mio modo di vedere le cose, che dovrebbero indicare (come fanno tutti) che cosa sono. Se hai letto sopra, il caporedattore afferma che l’Huffington Post Italia è “testata registrata”, e io gli credo sulla parola: ma non si capisce perché non trovano 33 secondi per riportalo nella gerenza. Ad oggi 22 ottobre, ore 9.26, nella pagina CHI SIAMO non c’è indicato: http://www.huffingtonpost.it/p/chi-siamo.html
Alla domanda che mi poni, attenendosi alla norma in esame, tale indicazione non sembra dovuta. Per il resto non so che dirti, forse dovranno ancora mettere a punto qualcosa.
Perfetto, ma siccome mi è stato risposto che sono testata registrata, a quel punto devono indicarlo. In ogni caso, qualcosa dovrebbero indicarla, no?
Come detto, a mio modo di vedere, credo che sotto un profilo giuridico debbano nulla o poco. Per il resto ognuno si regola come crede più opportuno per se e, in questo caso specifico, per i propri lettori.
Ciao Rocco, capito ora su questo tuo post e, al di là delle questioni burocratiche/giuridiche, sono davvero amareggiata dalla risposta che hai ricevuto da parte di Marco Pasqua. Ci sono almeno un milione di motivi per i quali il sarcasmo di Pasqua è spaventosamente fuoriluogo e puzza di “so tutto io” italico lontano un miglio.
Primo fra tutti, anyway, è che è proprio “Il popolo di Twitter che indaga” che permette al prodotto giornalistico per il quale lavora di pagargli lo stipendio. Non so se ci siamo spiegati, parliamo dell’HuffPost, un sito che vive grazie ai social network e che usa gli status degli utenti come fonti giornalistiche regolarmente.
Per non parlare, ancora, e ancora, e ancora, della solita vecchia idea italica secondo la quale tu, che sei un utente, quando poni domande su Twitter non ti fai gli affari tuoi e rompi solo le palle, ma se al contrario lo fa lui, (perché lo fanno, ovviamente) allora sta fancendo il suo lavoro, “indagini giornlaistiche”. Sempre lì, belli pronti a difendere i confini professionali…ah!
Inoltre (scusa se mi dilungo ma non se ne può proprio più), il concetto stesso di sminuire qualcuno perché pone una domanda trattandolo come un cretino è di per sé un atteggiamento tipicamente italiano che all’estero assolutamente non c’è! Zero, non esiste, soprattutto negli Stati Uniti.
In ogni caso, mi spiace (ma anche no) ma questo Tweet rappresenta in tutto e per tutto la mancanza di consapevolezza del proprio mestiere e di come funzionano le cose. Gente messa lì a fare qualcosa non perché la sa fare o perché ne condivide la visione ma ….Dio solo sa perchè.
Irene, ho letto. Non mi interessa molto aggiungere altro, registro solamente che ad oggi quella dicitura che dovrebbe esserci non c’è 😀
[…] post. Vero è che ogni tanto l’occhio al motore di ricerca lo strizzo. Per cui un titolo come Che cos’è l’Huffington Post Italia? va proprio in quella direzione e infatti è una delle chiavi che generano più visite dai motori di […]
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