Ho raccolto – con molto piacere e un pizzico di orgoglio – l’invito di Francesco Tapinassi e Nicola Zoppi e ho dato un piccolissimo contributo al loro nuovo libro. Si chiama Web Marketing delle recensioni – Guida di sopravvivenza a TripAdvisor & co per albergatori e ristoratori*. È edito da Apogeo ed è da poco disponibile in libreria o sugli store online. Un libro molto utile per chi lavora nel mondo della ristorazione e dell’ospitalità, ma che andrebbe letto anche da chi ha una attività che vede alcuni suoi aspetti importanti trovare spazi di manovra in rete.
Ho scritto così un breve passaggio sul senso della parola scritta e sul paradosso che viviamo oggi: siamo sommersi da parole, ma forse non ci capiamo. Questo paradosso esplode quando siamo costretti, per nostra esclusiva scelta, a leggere una recensione su TripAdvisor & co. La riflessione, a mio modo di vedere le cose, però va oltre il mondo delle recensioni online e riflette un po’ i tempi che viviamo: in passato ci capivamo meglio? Probabilmente no e per fortuna indietro non si torna. Bisogna solo imparare a leggere e scrivere il presente.
Il senso della parola scritta, pag. 98.
Abbiamo tutti dentro un mondo di cose; ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sè, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo d’intenderci; non c’intendiamo mai!
Luigi Pirandello, Sei personaggi in cerca d’autore.
Con l’esplosione della “parola scritta” ovvero il moltiplicarsi di “scritture orali” per merito della nascita prima e dello sviluppo poi dei media digitali si pone un problema non da poco che riguarda il modo in cui comunichiamo oggi: riusciamo a capire ciò che gli altri vogliono dirci e riusciamo a farci capire?
La domanda può presentare vari aspetti, alcuni anche filosofici, ma se rimaniamo con i piedi per terra e ci interroghiamo nello specifico: siamo sempre in grado di capire il messaggio della trentacinquesima email della giornata, il messaggio su WhatsApp nella chat di gruppo per decidere cosa regalare a un amico? Il tono dello status su Facebook? E quello su Twitter? E siamo sempre sicuri che gli altri capiscano noi?
Spesso no e infatti ricorriamo sempre più alle faccine per connotare emotivamente quel che diciamo. Per cercare di non essere fraintesi, per essere sicuri che stiamo scherzando, che siamo ironici o tristi, che ridiamo.
Qualche segnale d’allarme arriva quotidianamente quando via email, per esempio, chiediamo al collega o ad un cliente, una cosa o più cose e non ci viene data la risposta su una parte. Ignorata volontariamente nella migliore delle ipotesi.
Questi fenomeni non sono suffragati da dati statistici, non potrebbero esserlo. Ma fermiamoci un secondo: vi è capitato mai qualcosa di simile a quello descritto sopra? Molto probabilmente sì se quotidianamente siete esposti a una comunicazione “scritta-orale”, ovvero ad una scrittura parlata ogni giorno sui media sociali.
Ora trasportiamo questo scenario nel mondo delle recensioni, ovvero nel mondo dove ognuno di noi esprime un parere su una esperienza di cui è stato fruitore. In generale siamo nel terreno del soggettivo. In un futuro imminente le recensioni saranno molto probabilmente video (o solo audio), ma la sostanza delle cose non cambierà.
“Abbiamo tutti dentro un mondo di cose” diceva Pirandello e questo influisce sempre e sempre lo farà sul nostro modo di “scrivere” e “leggere” le recensioni come accade per il resto del mondo che ci circonda.