All’ingresso del “campeggio” c’è il primo sbarramento. Prezzo d’ingresso 10 euro, braccialetto blu e per sei giorni non devi pagare altro. Poi c’è un lungo viale, circa 60 metri e c’è il secondo sbarramento. Braccialetto blu e passi tranquillo. A quel punto ci sono due strade: a destra e a sinistra. A sinistra si incontrano le “docce” e i “lavabi”. A quell’altezza c’è il primo “blocco” di spacciatori: italiani e stranieri.
SuperDRUGstore. Qualunque droga ti serve e a qualunque ora c’è sempre qualcuno che è disposto a vendertela. Il “blocco” si intensifica la sera: “Hashish (marocchino, caramello, afgano, charas ecc) Marijuana (skunk, white widow ecc), trip, pasticche, funghetti, speed, popper, coca, bamba (i senegalesi, al campeggio, la chiamano così la coca), chetamina.
Eroina? Nessuno (forse) la offre così, ma l’ultima sera davanti alla nostra tenda, a 20 metri, in cinque o sei erano lì a farsi. A circa 20 metri. Passato il primo blocco, che comunque non era presente 24 su 24, per tutto il campeggio girano i pusher, “porta a porta”, per chiederti se vuoi qualcosa. Senegalesi, magrebini e italiani. Se uno si fa un giro, ti chiamano, ti chiedono di avvicinarsi e ti offrono qualcosa.
La strada di destra porta invece alla zona furgoni-camper. In teoria ha una sua entrata e uno suo spazio diviso dalle tende, ma in realtà il passaggio è libero. Lì 24 ore su 24 per sei giorni i soundsystem tekno hanno smesso raramente di suonare. Raramente.
Sempre seguendo la strada di destra si incontrano i “bagni chimici”. Latrine, nient’altro che latrine. Un bagno chimico per funzionare ha bisogno di una leva che faccia scorrere il rullo igenico e di un servizio che pulisca e svuoti i “bagni”. Di leve questi “bagni” non ne avevano. Nessuno. Dunque era come “pisciare” e “cagare” dentro un box che man mano si riempiva. Di pulizia degli stessi non se ne è vista, e infatti i bagni erano in condizione pietose. E’ possibile supporre che almeno un paio di volte sia venuti a “pulire” altrimenti il livello di escrementi sarebbe arrivato all’inverosimile. Ma non ci sono riscontri di queste pulizie. Dunque è più probabile che i “campeggiatori” dopo i primi giorni abbiano abbandonato l’utilizzo degli stessi.
Zona docce e lavabi. Di docce c’è ne è un filare, una decina. Poi c’era la mega doccia. Ovvero uno spiazzo con dell’acqua aperta a spruzzo, come una pioggerellina. Più che altro un modo per rinfrescarsi. Di lavabi per lavarsi, lavare vestiti, cibo e qualunque altra cosa c’è ne erano due con circa 12 rubinetti per lavabo. Quasi sempre otturati, erano anch’essi uno spettacolo poco piacevole.
Il “campeggio” in realtà è una zona dimessa, un campo dove sono state allestite delle piazzole con dei tendoni. Polvere, molta polvere, terra e sporcizia. L’ultimo giorno c’è anche una mega pozza di fango e acqua putrida subito dopo la zona docce.
Già dal primo giorno gli accampamenti più numerosi sono quelli dei senegalesi, e dei magrabini, Stand con cibo e/o oggetti. Piccole comunità che hanno stanziato per sei giorni al campeggio. Comunque non erano venuti per il festival. Idem per le tribù dei punkabbestia e dei loro relativi cani, che, ad esempio, nella nostra tenda (e in numerose altre) hanno lasciato il loro “bisogni” di marcare il territorio. Queste le due comunità più presenti, poi anche un numero di tossici che si aggiravano senza meta. Altra comunità cospicua presente era quella dei napoletani. Sono loro a compiere numerosi furti. Si è rubato di tutto al campeggio: soldi, libri, tende, vestiti, antidepressivi, cibo. Non solo i napoletani certo, ma soprattutto loro. Il campeggio è piccolo e c’è sempre gente dunque non si è mai inosservati.
Sicurezza. Ciò che è mancato è stato il senso di sicurezza. Chi viene ad Arezzowave e decide di andare in campeggio non è certo un fighetto, o un pariolino che si scandalizza per un punkabbestia o per un senegalese. Però il senso di smarrimento e di delirio ha messo paura. Tanta. Ci sono dei ragazzi che incontriamo nell’autobus, stanno andando al campeggio. Noi eravamo arrivati il giorno prima. Sono della mia città, Catania. Ci chiedono com’è la situazione: la descriviamo per quella che è, ma forse abbiamo esagerato. Dopo due giorni li incontro al supermercato. Mi dicono che è molto peggio di ciò che avevamo detto loro e che stanno andando via, via da Arezzo. Hanno avuto paura, hanno visto rubare nella tenda vicino alla loro e hanno visto anche delle mazzate. Sì, le risse non sono mancate. E’ difficile capire il perché. Ma ti svegli e vedi un punkabbestia che dà una sberla forte ad una ragazzo. Poi uno di colore scappa e in 4 o 5 lo inseguono. Poi raccontano che lo stesso è tornato con un bastone. Di risse c’è ne sono. E uno che è venuto per la musica si chiede: “Ma chi me lo ha fatto fare?”.
Bisogna stare sempre svegli, in allerta. Ti guardi dietro e avanti, di fianco. C’è la paura che ti possano fermare e chiederti soldi. Invece poi te ne vai allo Psyco stage e tutto è tranquillo. Qui la tranquillità non è di casa.
Di uomini della sicurezza se ne contano una ventina, forse 30. Stanno fermi, sono attivi solo all’ingresso. Poi lo spaccio le risse, almeno quelle di cui è possibile raccontare, e tutti gli altri problemi non sono problemi loro. La musica 24 ore su 24 sembra non disturbarli. Il 118 ha il suo spazio e lavora anche, ma è proprio di fronte alla loro porticina che c’è il primo blocco di spacciatori. C’è anche un bar e un ristorante. Ma chi può evita e va in paese. E’ molto difficile fare delle stime, ma senza possibilità di errore, il numero di persone presenti al campeggio era maggiore di quello che andava al festival. Il campeggio è diventato un’area dove stare senza controllo e in liberta. Una “festa”, un rave autorizzato con un minino di servizi che in altre occasioni mancano: docce, lavabi, bar, il 118 e i ragazzi del gruppo Estrema che offrono sostegno (coperte, thè caldo, acqua, biscotti ecc.). Infine, la sicurezza di non essere disturbati dalle forze dell’ordine. Ogni tanto si vede qualche vigile, ma sempre fuori, al primo cancello. Mai all’interno. Mai all’inferno.