Post “Strange Days”. Senza capo nè coda… dal vecchio blog.
Quando chiude un Teatro
Quando chiude un Teatro è sempre un brutto momento.
Ricevo e inoltro volentieri:
“Cari amici e appassionati della cultura e del teatro, è accaduto nei primi giorni del 2008. Adesso mi ritrovo sorpresa e disarmata.
Dopo 45 anni il Teatro Club di Catania, oggi Teatroclub Nando Greco, chiude.
La scadenza del contratto d’affitto impone il rilascio dei locali di Piazza
San Placido entro il 30 Luglio 2008.
Questa casa ha ospitato gran parte di un teatro che si muove e vive intorno a
noi, e che si insedia solo in quei luoghi disponibili a trattenerne la ricchezza, il vigore e l’energia. Ha tracciato un percorso e ha stabilito un movimento, un’andatura, uno stile,che hanno favorito un costante lavoro di ricerca. Ha pensato, prodotto e fatto teatro con libertà, vincolandosi solo a una richiesta di autenticità alla quale ha sempre risposto. Ha raccolto e sollevato stimoli, mettendo alla prova passioni e talenti.
In tanti hanno iniziato tra queste pareti e su queste tavole di legno.
E tutti questi anni di sana palestra teatrale hanno fatto si che questa casa
liberasse autonomamente una vivacità creativa straordinaria.
Alcuni portano con loro l’esperienza, altri la ricordano, tanti la respirano
ancora. Chiunque, oltrepassando questa soglia, ha sempre trovato un interlocutore
vivace e curioso, sempre disponibile al dialogo e al confronto.
Il Teatro Club è stato promotore di teatro grazie alla smisurata passione del
suo fondatore, Nando Greco, che in un ultimo documento scrive:
“Per far conoscere l’avanguardia ai catanesi ho fatto nascere il Teatro Club
a Palazzo Biscari… Poi ci si è spostati nei locali di Piazza San Placido.
Quello che mi lusinga di più è pensare con quale grande attaccamento svolgevo
questa attività… C’era in me un impulso, un bisogno, un desiderio costante
di verità e l’ho trovata. Sono passati molti anni, qualcuno ricorda ancora
grandi successi e grandi avvenimenti, in questo spazio, grandi compagnie e
grandi personaggi.
Ma non è tanto il successo… quanto la mia infaticabile ricerca a sapere tutto
sull’avanguardia e la sperimentazione che si muoveva nel mondo.”
Sono passati 13 anni da quando mi è stato consegnato il testimone e mi sono
trovata conduttrice e passeggera di un treno che dopo 30 anni di fermenti, pur
riducendo a volte la velocità, non ha mai fermato la sua corsa.
Oggi le richieste del proprietario dei locali obbligano il teatro a cedere il
passo, e così apro le porte a partire dall’17 marzo con l’iniziativa RING
APERTO – un mese di immersione nella vita del teatro – per farvene sentire
l’odore e affidarvene la memoria, confidando in un’energica folata di vento
che ci permetta presto di volare ancora più in alto…
Grazie Nando e grazie a tutti voi”
Paola Greco
marzo 2008 aprile
RING APERTO – UN MESE A PORTE APERTE – PER RICORDARE 45 ANNI
www.teatroclub.it
Ring Aperto ha gia’ prodotto una fitta programmazione di eventi, ma ugualmente
si offre a chiunque avesse progetti o proposte di spettacoli, allestimenti,
incontri, prove aperte e quant’altro possa contribuire a sfruttarne l’apertura.
inviare materiale informativo a info@teatroclub.it
A sentire Cristina Donà su Radio Deejay, in questi minuti, un po’ mi viene di dire che lì è fuori posto. Ma è solo un attimo. In realtà è una buona cosa anche per chi, come me, la conosce (musicalmente) dagli esordi. Da quando era infondo sempre se stessa, ma il suo raggio d’azione era meno rivolto al grande pubblico.
E’ l’antico dilemma che vede combattere un certo tipo di musica che vorremmo solo per noi e la stessa musica che vorremmo far sentire a più persone possibili.
Alla fine se Cristina Donà va a Radio Deejay, è giusto così.
ps.
E poi, “Deejay chiama Italia/Estate” lo ascolto sempre.
Che i lavavetri siano fastidiosi, è fuori dubbio. Ma quello che sta accadendo a Firenze è quanto meno discutibile. La reazione a catena di molti altri sindaci poi, ancor di più. Ho sentito in radio che qualcuno ha fatto notare come, provocatoriamente, al pari dei lavavetri bisognerebbe “punire” anche chi mette la macchina in doppia o in terza fila. La provocazione, chiaramente, fa riflettere. Ma, perché no?
Ancora, se i lavavetri sono arroganti e fastidiosi, come bisgnerebbe definire i parcheggiatori abusivi? Probabilmente il fenomeno non è radicato al nord, come al sud. Per fortuna.
Nella mia città, Catania, la cosa ha ormai raggiunto livelli insopportabili. Di giorno ci sono le strisce blu, di sera i parcheggiatori. Quest’ultimi si dividono in due grosse categorie. Quelli che pretondono di essere pagati e quelli che pretendono in maniere spavalda e arrogante.
Ieri sera un “carusazzo” di 13-15 anni, gracile nel fisico, con l’occhio un po’ scemo, si avvicina alla mia macchina e mi dice: “Sono il pargheggiatore” e io, subito a muso duro: “Quando sono arrivato non c’eri, dunque non ti pago”.
A quel punto è iniziata una discussione e mi sarebbe bastato un spintone, qualcosa per farlo volare in aria. Ma poi? Quante ruote mi sarebbero rimaste?
Certo, io sarei potuto essere più coraggioso, avrei potuto non pagare e infatti ho fatto così, ma ho voluto spostare la macchina per evitare di trovarmela graffiata.In pratica l’ha avuta vinta lui, perché dopo neanche un secondo è arrivato un altro cliente che ha pagato subito.
Ora, a Catania come in altre città i vigili sanno esattamente dove e come sono i parcheggiatori abusivi. Allo stesso modo sanno dove sono i lavavetri.
E la domanda è: perché non intervengono?
Se a Firenze un’ordinanza ha fatto scattare multe ed eventuali arresti, perché a Catania il sindaco non fa lo stesso con i parcheggiatori abusivi?
Quelle fiscali fanno sempre rabbia.
In questi giorni c’è stato il caso di Valentino Rossi. Ancora, certo, bisognerà aspettare l’esito della vicenda e bisognarà attendere che i procedimenti in corso si concludano. Però, intanto, sui giornali si legge che Giancarlo Fisichella ha fatto “una scelta di vita” e che quindi ha concordato di pagare una cifra, molto inferiore a quella dovuta, al fisco. Al di là dei numeri, che comunque sono importanti, quello che fa rabbia è che più si guadagnano soldi e più si cerca di pagare meno le tasse.
La cosa vergognosa della residenza all’estero aggrava il tutto: sono italiano, guadagno un sacco di soldi, ma le tasse le pago all’estero e cosi’ non contribuisco ai servizi del mio paese, dove però vivo, di fatto.
Ugualmente al panificio vicino casa mia raramente fanno lo scontrino e io glielo chiedo regolarmente. Anche per 20 centisimi.
Secondo me il panificio che non fa lo scontrino e la “star” che evade con una residenza all’estero sono la faccia della stessa medaglia. Tutti, in Italia, sono furbetti e malandrini e se possono evadono.
Bella poi quella di Big Luciano, Pavarotti. Che anche lui, tra un concerto di beneficenza e l’altra, concordò col fisco una cifra da pagare.
Molte bella quella del gioelliere che dichiarava quanto un bidello.
Si salvi chi può
L’altro giorno ad un tg parte un servizio sulla riforma delle pensioni, credo. Non ricordo esattamente. Nel servizio c’è il “virgolettato” di Dilberto e di qualcuno di rifondazione che diceva chiaramente di essere scontenti e anzi contrari a ciò che il governo aveva deciso. Segue dichiarazioni di Schifani che affermava di essere scontento e anzi contrario a ciò che il governo aveva deciso perché ostaggio della sinistra radicale.
Ora, basta andarsi a rivedere quelle dichiarazioni per farsi una grossa risata e poi un gran pianto.
Al tg hanno dato un servizio che raccontava di come tante persone nel mondo abbiano scelto questa data per sposarsi. C’è chi ha anche aspettato 10 anni. Come dire: non è tanto sposarsi, è quando lo si fa…
Su l’assenza dei vigili urbani da via Plebiscito (Catania) ho già scritto più volte in altri posti. Ma il tempo passa e la domanda resta sempre la stessa. Sempre la stessa.
Perché non ci sono i vigili in via Plebiscito? Perché? Una volta, un autista di autobus (linea 431) mi disse che “dal piano quotidiano dei vigili, la via Plebiscito, non c’è. Ci vengono solo se chiamati”. Può essere vero? Non lo so. Però un dato è certo, se ne vedono pochi, pochissimi. Io nello specifico (ma vuol dire poco) non ne ho mai visti. Mai. Neanche quando una ambulanza resta bloccata per via della doppia fila, o quando un autobus non può passare per via delle bancarelle (autorizzate?) intralciano la strada. Io, non li ho mai visti.
In realtà, Strange days (Strani giorni) è il nome del mio blog su step1. Già da qualche anno annoto un po’ di cose su quello spazio. Qui, invece, è “solo” una delle categorie dove annoterò su questi “strange days” che ci riguardano. Che mi riguardano. Di cose vicine e lontani, personali e proprio per questo collettive.
Perché non bisogna, seppur tentati, perdere la voglia di stupirsi, incazzarsi, abbassare la testa. Anche se già, forse, lo abbiamo fatto.